Fino all’11 febbraio a Milano, nelle sale di Palazzo Morando, Vallanzasca e compagni la fanno da padroni. Basta udirne il nome per ricordare un passato diverso, retrogusto melenso di un romanticismo criminale.

La rassegna è curata da Stefano Galli, promossa da Comune di Milano – Cultura, Direzione Musei Storici, organizzata dall’Associazione Spirale d’Idee con la Polizia di Stato che ha collaborato per la ricerca e la scelta della documentazione e delle fotografie e nella selezione delle strumentazioni tecniche e degli arredi di ufficio originali, in uso alla Questura di Milano e custoditi presso gli archivi ed il Museo Storico della Polizia di Stato, e per la scelta delle armi in uso a quell’epoca e messe a disposizione dalla Fabbrica d’armi Pietro Beretta S.P.A. L’iniziativa ha il patrocinio della Polizia di Stato, della Regione Lombardia e della Città metropolitana di Milano è inserita nel palinsesto di Novecento italiano. Niente fotocamera da infiniti mega pixel: quelle affisse sono fotografie in bianco e nero, raccolte dagli anni Quaranta alla metà degli anni Ottanta e divenute testimonianza di atti di antica memoria, ora scomparsa e relegata agli annali della Corte d’Appello. 170 immagini d’epoca, documenti e “strumenti del mestiere” che testimoniano gli “anni di piombo”, attraverso un percorso espositivo che parte cronologicamente dal 1958 con la famosa rapina di via Osoppo. L’assalto al portavalori che trasportava seicentoquattordici milioni di Lire fu definito “il colpo del secolo”, realizzato senza sparare un solo colpo. Purtroppo, nel ventennio successivo, Milano cominciò ad assomiglia più al Far West che al polo industriale del Nord Italia: in città e nell’hinterland nascono gruppi dediti a gioco d’azzardo, prostituzione e rapine milionarie. Inutile dire che i volti dei protagonisti di una stagione di sangue e banconote sono ancora ben impressi nella memoria collettiva. Renato Vallanzasca – detto “Il bel Renè” -, Francis Turatello, Angelo Epaminonda, Ezio Barbieri e molti altri erano i signori di una metropoli in continuo mutamento, che di giorno lavorava senza tregua mentre di notte si popolava di bische e night club. La mostra rievoca le atmosfere dei quartieri della mala, proponendo un focus in grado di fare luce su un mondo che vive nell’ombra per definizione. Palazzo Morando dà spazio anche alla controparte legale, con approfondimenti sulle forze dell’ordine il cui compito era cercare di arginare la dilagante criminalità. Il Commissario Mario Nardone e il futuro Questore Achille Serra rappresentano l’altra faccia della città. Si allontanino per un attimo occhi e orecchie, sospetti e inganni, da quartierini e furbetti più o meno noti, per puntare lo sguardo verso l’epicentro lombardo della malavita. Dei capitoli più crudi della storia recente, Milano crea una mostra in cui il ricordo è la vera chiave interpretativa. Nessuna complessa cifra stilistica, nessua interpretazione astratta, nessun concettualismo latente – e forse inesistente. Ciò che conta è quel misto di paura e inconsapevolezza, vissuto per decenni in strade che ancora puzzano di polvere da sparo.